mercoledì 30 settembre 2009

Assemblea Circolo PD Valenza - Mozioni congressuali

Venerdì 25 settembre 2009 dalle ore 17:30 alle ore 22:30 si è svolta l'assemblea del circolo locale del PD presso il Centro Comunale di Cultura.
Danile Borioli, al quale è stata affidata la presidenza dell'assemblea, ha introdotto l'ordine del giorno e le procedure per interventi e votazioni ed ha, quindi, lasciato la parola ai rappresentanti delle tre mozioni: Lovelli per Bersani/Morgando, Muliere per Franceschini/Damiano e Cattaneo per Marino/Tricarico.
Sono seguiti gli interventi liberi di quanti hanno voluto esprimere un parere personale sull'andamento del nostro partito a livello nazionale e locale ed alle ore 22:30, concluse le operazioni di voto, sono state aperte le urne e compilati i verbali con i seguenti risultati:

Totale votanti 78

Bersani 64 voti - Morgando 61 voti
Franceschini 12 voti - Damiano 15 voti
Marino 2 voti - Tricarico 2 voti

A seguire il mio intervento in assemblea.

Voglio partire da una prima considerazione che sarà sicuramente oggetto di critiche: il PD è la mia più grande delusione politica in quanto, in questi ultimi due anni, mi ha chiaramente mostrato tutti i limiti e le difficoltà di un sistema difficile ed inconcludente.
Ma la colpa non è del partito in sé, altrimenti mero contenitore vuoto, ma delle persone che lo compongono e ne hanno ricoperto posizioni strategiche e decisionali.
Non si possono insegnare i valori, bisogna viverli; non si può parlare di etica politica se i propri comportamenti la disattendono.
Molti rappresentanti del PD a livello nazionale, regionale, provinciale e locale, non sono stati all’altezza del compito. La priorità non può essere quella di raggiungere e mantenere potere e privilegi. Il ruolo che ci viene affidato dai cittadini (nel caso del PD, da un numero sempre più esiguo, in effetti) è quello di cogliere, analizzare ed interpretare i loro bisogni ed i problemi dei territori, individuare delle soluzioni; ma a noi sono mancati i contenuti, concentrati come siamo su noi stessi, pieni di parole ma privi di azioni.
Non scegliamo, non prendiamo decisioni e quelle poche sono spesso confuse ed inefficaci.
Fin dagli albori della storia di questo partito tutti a chiedersi da dove venivamo (DS/Margherita/Società civile?); in questi ultimi mesi, la stessa solfa per le mozioni (appoggi Bersani, Franceschini, Marino?).
Io ho rifiutato e continuo a rifiutare le etichette, per me contano solo capacità e competenze, ma in questo partito vi ho persi di vista e mi sono persa di vista e, cosa per quanto mi riguarda ancora più grave, avverto un profondo senso di impotenza.
Luca Sofri ha detto che “è immorale fare le cose male”, allora ammettiamo errori ed inadeguatezze e da questo ripartiamo con onestà e coraggio, senza presunzione, modificando la prospettiva di osservazione.

Giuseppe Civati ha spiegato molto bene come nel PD “abbiamo enfatizzato il cambiamento senza cambiare, abbiamo descritto un percorso senza nemmeno volerlo incominciare” e, dico io, abbiamo dato vita ad una colossale bufala.
Noi non siamo sempre più bravi degli altri (siano essi cittadini o avversari politici), non abbiamo sempre e solo da insegnare, in un perverso complesso di superiorità.
Abbiamo superato di un soffio lo scoglio delle provinciali grazie ad alcuni meriti nostri ed a molti demeriti altrui. A marzo ci aspettano altre due scadenze elettorali importanti: le elezioni regionali e le comunali a Valenza e proprio agli amministratori valenzani (del PD, ma non solo) chiedo un bagno di umiltà, chiedo uno sforzo enorme: quello di ascoltare, nel vero senso della parola, ciò che ci trasmette una città delusa ed incazzata; ed a colui che sarà il candidato Sindaco del nostro partito chiedo di rompere i soliti schemi dettati dalle alleanze, chiedo di elaborare un progetto coraggioso per la nostra città.
Tutto questo costa fatica, ne sono consapevole, ma forse riusciremo, un giorno non troppo lontano, a raccontare una storia diversa.

lunedì 13 luglio 2009

Un grazie a Valenza

Poche parole per inviare un sentito ringraziamento ai tanti elettori che il 6 e il 7 giugno hanno espresso la loro preferenza per il Partito Democratico ed a tutti quelli che hanno rinnovato la scelta per Paolo Filippi Presidente della Provincia di Alessandria.
La campagna elettorale nella nostra città è stata accesa e connotata da forti riferimenti politico-amministrativi, spesso inconsistenti e fini a se stessi; ma, nonostante le difficoltà incontrate, mi piace constatare la lealtà ed il grande lavoro svolto dalle liste della coalizione e le molteplici occasioni di incontro e confronto con i cittadini attraverso le quali ho potuto cogliere le loro esigenze e le speranze di rinnovamento.
Gli sforzi profusi non sono stati sufficienti per l’ingresso nel consiglio provinciale: né io né il mio partito avremo l’onore di rappresentarvi, ma sono certa che questo appuntamento elettorale ha segnato una svolta per ritrovarci, per recuperare compattezza ed entusiasmo, per rinnovare un impegno per la nostra città insieme a Paolo Filippi.
Spero che il Presidente saprà trovare, di concerto con la sua giunta e la sua maggioranza, strumenti e metodi per aiutare Valenza a ritrovare un posto di primo piano all’interno del territorio provinciale.
Per quanto mi riguarda vigilerò, da lontano, affinché questo si verifichi.

venerdì 3 luglio 2009

Il berlusconismo è un fenomeno inspiegabile

“Possiamo definirla la Grande eresia dell’illuminismo: l’idea che tutto il mondo sia riconducibile a un’analisi e una spiegazione logica. In realtà, non è così”, scrive l’Irish Independent.
L’intero fenomeno Silvio Berlusconi è una continua negazione del ruolo della ragione nelle relazioni umane. Ci sono alcuni eventi nella vita che non hanno spiegazioni. E la popolarità del premier italiano è tra questi”.

Posted By Stefania Mascetti On 2 luglio 2009 @ 15:46 In Italieni

giovedì 25 giugno 2009

I vescovi e le TV scelgono il silenzio

Posted By Francesco Costa On 25 giugno 2009 @ 11:42 In Italieni

“In Italia”, scrive La Vanguardia [1], “c’è una voce che si presenta puntuale in ogni dibattito politico e sociale in cui si trattano dei temi etici e morali: quella della chiesa cattolica. In questi giorni, però, i vescovi italiani non si stanno dimostrando molto loquaci”.
“Nel bel mezzo dello scandalo sulla vita privata del premier Silvio Berlusconi, a cui vengono attribuiti rapporti con prostitute di lusso, molti cattolici italiani sentono la mancanza di una presa di posizione delle gerarchie ecclesiastiche sulla condotta privata di un personaggio pubblico che pretende di difendere i valori familiari”.
Anche il Times [2] si occupa delle vicende del premier italiano, dedicando particolare attenzione a come le televisioni stanno raccontando queste giornate. “Se domani il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi dovesse dare le dimissioni”, scrive Richard Owen, “molti italiani che s’informano solo guardando la tv potrebbero non avere idea dei motivi che l’avrebbero spinto a farlo. I tre canali commerciali di proprietà del presidente del consiglio italiano hanno minimizzato o ignorato gli scandali sulla sua vita privata. Ma, cosa ancora più sorprendente, l’ha fatto anche la tv di stato”.
Uno dei primi frutti delle difficoltà del Cavaliere,
ricorda El País [3], è che ormai deve abbandonare il sogno di andare al Quirinale. Anche se – scrivono Le Figaro [4] e Financial Times [5] - lui continua a negare ogni responsabilità e ogni divisione all’interno del suo partito.

Article printed from Internazionale: http://www.internazionale.it/home

martedì 23 giugno 2009

Un commento su "nani e ballerine"

Distogliamo lo sguardo da Silvio Berlusconi e spostiamolo sulle giovani donne che hanno raccontato gli incontri a palazzo Graziosi e a Villa Certosa nell'inchiesta di Bari. Tutta questa storia aperta dalla denuncia di Veronica Lario sul «divertimento dell'imperatore» non ha niente di privato ed è tutta politica, stiamo sostenendo da più di un mese, perché porta alla luce un ganglio cruciale del sistema di potere e di consenso di Berlusconi e del berlusconismo. Ma sia il potere sia il consenso sono fatti relazionali: si fanno in due, chi dispone e chi obbedisce, chi propone e chi acconsente, sia pure in posizione dispari tra loro. Dunque c'è il sistema di potere del premier imperniato su una certa politica del sesso e dei rapporti fra i sessi, e ci sono queste giovani donne che vi partecipano e ne consentono il funzionamento, anzi lo hanno consentito fino a un certo punto per poi disvelarlo. Ed è chiaro che, se lo scandalo investe prima di tutto il premier, l'interesse dovrebbe volgersi parimenti a loro, per quello che dicono e che non dicono della società a cui appartengono e dell'immaginario, dei sogni e dei progetti, dell'etica e dell'estetica di cui sono portatrici. E che, salvo liquidare difensivamente escort e ragazze-immagine come eccezioni rispetto alla norma e alla normalità femminile, ci interrogano e ci interpellano: quella società, quell'immaginario, quei sogni e quei progetti, quell'etica e quell'estetica dicono qualcosa a noi tutte.Leggendo e rileggendo dichiarazioni e interviste di Patrizia D'Addario, Lucia Rossini e Barbara Montereale, e soprattutto guardando e riguardando l'intervista filmata a quest'ultima sul sito di Repubblica, dove il viso e il corpo dicono più della parola scritta, cinque cose impressionano soprattutto. La prima è la padronanza con cui si catalogano e si contrattano mansioni, prestazioni e compensi: tanto per questo, il doppio per quello, «non lavoro per la gloria, se vado a una cena ci vado per avere dei soldi», fare la ragazza-immagine è diverso che fare la escort ma anche per una escort «quello è il suo lavoro, ognuno ha il suo lavoro». Ora, è dagli anni 80 che il movimento per i diritti delle prostitute rivendica - senza convincermi, aggiungo - che fare sesso a pagamento, ovvero vendere il proprio corpo, è un lavoro come un altro, da negoziare come si fa con qualunque lavoro. Ma come siamo arrivati a rendere contabile e negoziabile qualsiasi prestazione del corpo, un sorriso, una presenza a cena, un ballo a una festa, un'impronta che fa immagine? Mansioni come altre, sembra di sentir parlare gli operai che negli anni 70 ti spiegavano la catena di montaggio. Quale cambiamento culturale ha reso il corpo, per queste donne, simile a una macchina, e alienato come una macchina?La seconda cosa è l'ossessione dell'immagine: non è nel regno delle cose ma in quello della rappresentazione che la vita si svolge. Le ragazze arrivano a palazzo Grazioli, cenano e per prima cosa vanno in bagno a fotografarsi, registe di se stesse, e a immortalare l'evento. L'emozione si deposita in quella foto, non riguarda tanto l'aver varcato la soglia del palazzo del potere (anche se dell'evento «straordinario» si dà notizia all'una di notte per telefono alla mamma che a sua volta tace e acconsente), quanto il registrare di averlo fatto e il poterlo mostrare ad altri. Qui il cambiamento culturale si chiama ovviamente televisione, fine del confine fra realtà e rappresentazione eccetera eccetera. Ma colpisce ugualmente - terza cosa -, a fronte di questo peso dell'immagine, la derubricazione del potere politico in sé e per sé. Che «Silvio» (per Barbara) o «Papi» (per le altre ospiti ancora senza volto) sia casualmente il presidente del consiglio sembra essere tutto sommato un fatto relativo, e certamente non comporta alcun particolare cambio di registro o di galateo. Né alcun sospetto o alcuna cautela: quarta cosa, impressiona l'affidamento cieco all'uomo potente, come se il potere (maschile) avesse d'incanto perso ogni opacità e fosse diventato trasparente, credibile, anch'esso negoziabile (io resto a dormire con te, tu mi aiuti a fare il mio residence sulla costa). Certo aiuta, in questo, l'acclarata «affettuosità» dell'ospite, che tutte conquista, come se - quinta cosa che colpisce - ciascuna stentasse assai a trovarla altrove, e segnatamente in altri uomini: del resto, ci informa Barbara, lei fa la ragazza immagine solo perché non può fare quello che vorrebbe, cioè «la moglie e la madre». E perché è questo che passa il convento, cioè il mercato del lavoro. Ma sul suo viso non passa mai l'ombra del risentimento, né del vittimismo. A conferma che tutta questa storia non si sta giocando nel registro di una rinnovata oppressione patriarcale, ma in quello di una perversa forma di emancipazione femminile, postpatriarcale e postfemminista. Che è forse ciò che la rende così complessa da leggere, in Italia e all'estero.
Ida Dominijanni www.ilmanifesto.it