giovedì 7 maggio 2009

Il dilemma scuola

La manovra finanziaria contenuta nella L. 133/2008 impone scelte assai discutibili e critiche per il futuro dell’istituzione scolastica ed il suo ruolo di garante della formazione. La logica che muove il Ministro Gelmini sembra essere quella del risparmio e della razionalizzazione delle risorse: aspetti legittimi nel momento in cui un amministratore pubblico deve far quadrare un bilancio limitato, ma che non possono andare a scapito di realtà che lavorano bene, con efficienza ed efficacia.
Molti sono gli elementi contenuti nel decreto ed a tutti ormai tristemente noti:

  • tagli per 7,8 miliardi di euro in 3 anni ottenuti anche attraverso la perdita del posto di lavoro da parte di 87.400 insegnanti e 44.500 ausiliari, personale non di ruolo sul cui precariato abbiamo costruito un insegnamento di qualità per decenni nell’ambito della scuola, dell’università e della ricerca;
  • chiusura delle autonomie scolastiche con meno di 500 alunni e degli edifici scolastici con meno di 50 alunni, strutture nelle quali Comuni e Province hanno riversato in questi anni ingenti investimenti per renderle sempre più adeguate alle esigenze e che rappresentano il vero e unico strumento – soprattutto nei piccoli Comuni - per garantire un legame con il territorio di appartenenza e non rendere i Paesi semplici dormitori delle vicine città;
  • ritorno all’insegnante unico nella Scuola dell’Infanzia ed al maestro unico nella Scuola Primaria (peccato aver costretto il personale docente a specializzazioni ormai inutili ed auguriamoci che i nostri figli trovino sempre in classe adulti flessibili e multivalenti in grado di spiegare con le stesse competenze italiano, matematica e le lingue straniere, per fare solo alcuni esempi!);
  • riduzione del tempo scuola limitato alla fascia antimeridiana per la Scuola dell’Infanzia, a 24 ore settimanali per la Scuola Primaria e 29 ore per la Secondaria di I Grado (d’altra parte la crisi economica e del mondo del lavoro dovrebbero “regalare” ai genitori molto tempo libero da occupare nell’accudimento pomeridiano dei propri figli);
  • riduzione delle ore di laboratorio e degli insegnanti tecnico-pratici (è noto a tutti che è sufficiente sapere: per saper fare c’è tempo…);
  • riduzione dei corsi di laurea e degli indirizzi di formazione professionale (una formazione il più possibile standard è più che sufficiente, intanto è estremamente arduo trovare un’occupazione!).

Ma, come se non bastasse, il Governo Berlusconi mostrandosi fedele a se stesso non può neppure affermare quali siano i costi del provvedimento e se esista la copertura finanziaria ad es. per retribuire le ore di straordinario degli insegnanti unici o per rescindere contratti di edilizia scolastica già stipulati. Ma per questo non c’è fretta: l’intero programma elettorale del nostro Premier non aveva alcuna copertura finanziaria (come descritto dal più eminente quotidiano finanziario italiano “Il Sole 24 Ore”); perché interrompere una modalità di approccio ai problemi e di soluzione degli stessi vincente ed accattivante?
Un abominio di questo tipo non può e non deve lasciarci indifferenti: ogni giorno manifestazioni spontanee o organizzate animano l’intera penisola e vedono, per la prima volta, fianco a fianco giovani e adulti, figli, genitori e insegnati, senza bandiere o credi politici, nel tentativo di esprimere dissenso e protesta, di orientare (se e dove è ancora possibile) alternative più oculate da parte di un Governo che intende scaricare su Regioni, Province e Comuni la responsabilità ed i costi per garantire un servizio all’altezza delle aspettative e delle più elementari esigenze. È chiaro che le scuole di piccoli Paesi, che si trovano costrette a chiudere perché manca all’interno del plesso scolastico il personale necessario, costringono Sindaci ed amministratori a compiere delle scelte difficili: garantire il servizio accollandosi gli enormi costi di gestione, oppure rinunciare?
Non si scherza sull’istruzione, non si scherza sulla formazione, né tanto meno sul diritto sacrosanto di godere tutti degli stessi benefici e delle stesse possibilità. Mobilitiamoci e non accettiamo passivamente che qualcun altro, con pretesa superiorità, scarichi sulle nostre teste scelte avventate e dettate da una non meglio specificata intelligenza politica.

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